Di Aurora Baldoni. Donne in mezzo ad una via, sole, infreddolite, mezze nude.

Donne a cui era stato promesso amore ed invece sono state trasformate in merce.

Donne che non sono più padrone del loro corpo, della loro vita, dei loro sogni.

Prostitute, questo è l’appellativo di coloro che sotto costrizione, o “per libera scelta” vivendo situazioni di gravi disagi economici, vendono il proprio corpo.

Studi internazionali, evidenziano come le persone che si prostituiscono hanno un maggior rischio di essere uccise in confronto al resto della popolazione.

Tanti, troppi sono infatti, questo tipo di casi di femminicidi, casi di donne le quali vengono sfruttate fino alla morte.

Ne sono esempi: Nioleta, Benedicta, Arietta, Christina, Venetita, Lioara, Jennifer, Angela, Andreea Cristina, Evelyn, morte accoltellate, strangolate, avvelenate, bruciate ed addirittura crocifisse.

Poco però se ne parla, fatta eccezione di poche righe inserite nelle pagine di cronaca nera, queste morti vengono quasi ignorate, perché le loro vite sono state considerate meno importanti rispetto alle nostre e per questo, non degne di essere ricordate.

È invece, necessario ricordare, per sottolineare che ogni vita ha lo stesso valore, che prima di essere prostitute, erano donne e che non esistono donne di serie A e donne di serie B.

Occorre scriverne, parlarne, poiché la prostituzione è la forma più brutale di violenza di genere, che va combattuta. Infatti, fintanto che un uomo potrà comprare il corpo di una donna, non potrà mai esserci parità di genere.

Gli uomini che vanno a prostitute prima di comprare una prestazione sessuale, acquistano una forma di potere.

Clienti che per dieci minuti esercitano un dominio assoluto.

Dominio che può portare, nella forma più estrema, all’uccisione del suo oggetto sessuale.