Di Daniele Sestili. I film sugli esorcismi sono la nuova frontiera del cinema horror da un decennio a questa parte e esiste una costante che è sicuro trovare sempre in ognuno di essi: la mediocrità.

Jumpscare telefonatissimi, porte che sbattono, possessioni che strappano una risata anzichè terrorizzare e luci che si spengono e accendono come una discoteca sono solo alcuni degli espedienti utilizzati in queste pellicole, dalle quali si denota un forte disimpegno e poca voglia di fare. Descrizione in cui si può inserire tranquillamente anche “L’Esorcista del Papa” , film del 2023 per la regia di Julius Avery.

Ci sono tante cose da dire su questo film, perciò andiamo per gradi;

Russel Crowe, che interpreta padre Gabriele Amorth, sui cui scritti è basato il film, è molto credibile nel suo ruolo, se non fosse che la sua interpretazione è compressa da una pessima  e pigra sceneggiatura , che mostra sullo schermo scene letteralmente incredibili, ma nel senso che non ci vorreste credere, come l’esorcismo iniziale in cui ci si serve di un maiale, che viene posseduto da un demone senza esitazione solo per mostrare la propria superiorità o il ritrovamento di catacombe abbandonate e maledette risalenti all’inquisizione spagnola proprio sotto l’abbazia ereditata dalla famiglia protagonista( perchè chiaramente tutti ereditiamo un’abbazia), per non parlare poi del demone principale, che sembra avere potere disumani, come la capacità di possedere più persone contemporaneamente, di illudere chi ha di fronte, che viene poi picchiato nel finale e spedito agli inferi da due preti( e ne è passato di tempo da quando Crowe ha fatto “Il Gladiatore”…).

Ma la cosa che più lascia interdetti è che tutta questa accozzaglia di fatti viene mostrata allo spettatore nel giro di mezz’ora, nonostante il film duri 1 ora e 43 minuti, infatti  la prima ora di visione risulta difficile da digerire, perchè molto lenta, cosa inaccettabile per un film del genere, che in più di metà della sua  durata offre il nulla cosmico( fortuna che avevo una buona dose di pop corn a farmi compagnia).

Per il resto non c’è molto altro da dire, le uniche parti interessanti vengono mostrate poco e velocemente, tante spiegazioni neanche ci sono, quelle poche non hanno senso o sono parecchio forzate e risulta tutto estremamente pesante, tant’è che loro stessi, per smorzare  non si sono presi sul serio nella realizzazione della pellicola, e ne è esempio l’alternanza di scene in cui padre Amorth affronta il demonio a scene dove fa le pernacchie alle suore, si ubriaca o racconta barzellette( cose che farebbero il classico compaesano nelle sagre estive).

Si può comprendere anche questa scelta , se fatta appositamente, ma ciò non toglie che certe scene veramente rasentano la banalità, in tutte le sue forme e accezioni, e se qualcuno, uscito dal cinema si è sentito privato del costo del biglietto lo capisco.

Quello su cui dovremmo riflettere è come sia possibile ogni volta sprecare occasioni preziose, a maggior ragione come questa, in cui si poteva realizzare un buon prodotto in cui c era di mezzo anche il Vaticano, per fare la classica commercialata hollywoodiana?

Perchè non siamo noi italiani a occuparci di questo tema, a maggior ragione quando ci riguarda così da vicino? Abbiamo paura di farlo? A voi le conclusioni.