Di Benedetta Uccheddu. Cosa serve per porre fine alla propria vita? alcuni direbbero egoismo,altri ancora disperazione, ma se chiediamo alle persone a cui è stato detto che non si può più fare nulla per salvargli la vita direbbero che serve tanto coraggio.Tutti noi dovremmo avere il diritto di decidere sulla nostra vita, abbiamo il diritto e il potere di decidere di far nascere nuove vite, ma non abbiamo la possibilità decidere di porre fine a quelle vite agonizzanti a cui non rimane nient’altro che il dolore da sopportare per il resto dei loro giorni; non hanno diritto ad una vita degna di essere chiamata tale e non possono morire meglio. Per alleviare le loro sofferenze non possono fare altro che recarsi in altri paesi del mondo come la Svizzera, e chiedere aiuto, come recentemente ha fatto Sibilla Barbieri ex regista romana deceduta il 6 novembre ’23, malata oncologica terminale, aveva richiesto il suicidio assistito ma non gli è stato concesso perché mancante di un requisito fondamentale ovvero i trattamenti di sostegno vitale.  In Italia grazie alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito ovvero l’aiuto indiretto da parte di un medico a morire. Sono richieste alcune condizioni fondamentali: la persona richiedente deve essere capace di intendere e di volere, deve soffrire di una patologia irreversibile che deve portare a gravi sofferenze fisiche o psichiche e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. ma siamo cosi sicuri che lei,come altri miliardi di persone,abbiamo bisogno di essere attaccati a delle macchine per avere diritto ad una morte medicalmente assistita. Spesso incontriamo persone che, pur guardandole in viso, non mostrano il dolore e la sofferenza di una subdola malattia, quanto sperino che la morte possa arrivare presto per stare meglio. Sibilla come tanti altri hanno deciso di contare qualcosa, hanno deciso di stare meglio senza che nessuno stato lo impedisse. L’impedimento di tutto ciò spinge altrove, pagando per finire il calvario, ma ci sfugge che chi economicamente non può farlo, rimane tormentato fino all’ultimo respiro.