Di Giulia Capobianco. Stress da esame, paura di non essere all’altezza, paura della performance, paura di deludere, paura di non riuscire a dare il massimo, dopo mesi e mesi passati a leggere, riassumere e ripetere libri. Le macchie di inchiostro sulle dita, quasi come fosse il marchio dell’ impegno, fogli di carta che tappezzano la scrivania e domande che non smettono di proporsi nella mente, così da dimenticare tutto ciò che realmente è importante.

C’è chi soffre. Soffre perché non riesce a realizzarlo, il sogno. C’è chi, per non deludere la propria famiglia, sceglie di morire, sceglie di liberarsi da un peso massiccio e da una paura oppressiva, quella di essere etichettato come “incapace”, “vergognoso”, “nulla facente”. C’è chi, ancora, non ha amici, non ha colleghi all’università, c’è chi ha difficoltà anche solo a scambiare una semplice parola. c’è chi come Daniela che finge di avere degli amici, finge di avere una vita soddisfacente e poi si suicida per non esser riuscita a terminare i suoi studi.

Numeri esorbitanti quelli emersi dalle ricerche. Tra i quattromila casi di suicidi, almeno trecento riguardano i giovani. Giovani insoddisfatti delle proprie scelte, del proprio percorso, dei propri risultati. Giovani che cercano una via d’uscita, trovandola nel vortice del nulla, come Daniela. Un salto, che libera definitivamente dal peso della sofferenza, dal peso dell’ossessione.

Studenti e studentesse italiane, sarebbero, secondo quanto emerso da studi recenti, tra i protagonisti dello scenario universitario, per stress e sofferenze patologiche. I fattori a riguardo variano in base allo status economico, al genere, l’esclusione sociale, difficoltà di interazione e comunicazione. C’è chi sceglie un percorso, chi sceglie di compiere un viaggio alla volta della realizzazione del proprio obiettivo. C’è chi sceglie di compiere un viaggio per diventare qualcuno, per esaudire il proprio sogno. C’è però anche chi viene indiscutibilmente obbligato ad intraprendere un determinato percorso, annullando e riducendo a brandelli la libertà di essere se stessi e non per forza un “qualcuno”. “Devi prendere la strada di tuo padre, devi essere come lui. Dovrai essere un eccellente avvocato”.

Un salto nel vuoto quello di Daniela, una delle tante vittime di questa situazione Un salto probabilmente premeditato. Un salto che registra il quinto caso di suicidio all’università. Daniela è morta a trenta anni, soffocata dall’imponente ossessione di non essere riuscita a terminare i suoi studi in medicina. Daniela è morta soffocata da una sofferenza arbitraria e angosciante, insoddisfatta della sua vita.

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