Di Dorian Gronchi. Una bugia dietro l’altra, un comportamento indegno riservato alla memoria di Giulio Regeni che colpisce tutti noi italiani. Nonostante le recenti affermazioni, la disponibilità per una totale collaborazione da parte della procura egiziana nel caso Regeni, si è rivelata l’ennesima presa in giro.

Le fantasiose dichiarazioni che la procura del Cairo ha fatto negli ultimi giorni, rimarcano e riportano alla luce il senso di ingiustizia che già fin troppo è stato vissuto dalla famiglia di Giulio Regeni durante gli ultimi cinque anni.

Affermando che la procura italiana non detiene prove sufficienti a dichiarare la colpevolezza dei cinque agenti segreti indagati, lo stato egiziano sta nuovamente burlandosi dell’ingenua fiducia che la procura di Roma ha fin ora riposto in esso.

Le parole mosse dal portavoce del premier egiziano Al Sisi, Bassam Radi, nelle ultime settimane, si sono rivelate, quindi, irrisorie e fittizie.

Le “belle parole” di Radi non hanno fatto altro che illudere, un’Italia stanca, di una possibile svolta nel giallo Regeni, simulando un’onesta collaborazione della procura del Cairo che ha approfittato, subdolamente, della speranza di aiuto in essa riposta dallo Stato italiano per prendere altro tempo; tempo necessario ad inventare nuove storie che possano scagionare gli “007” egiziani ostacolando la giustizia e deformando, ancora una volta, un’ovvia realtà che, finalmente, era stata ripulita dai continui insabbiamenti dello stato egiziano.

La favola ad oggi raccontata dal procuratore generale egiziano, Hamanda al Sawi, individua nuovi colpevoli: una banda criminale nel cui covo sono stati rinvenuti gli effetti personali del giovane ricercatore friulano.

Il Cairo dichiara, però, che “l’esecutore materiale dell’omicidio è ancora ignoto” e si prepara a muovere un processo alternativo a quello programmato in Italia, dove, la procura di Roma, non si smuove dal portare in causa i cinque membri della National Securety Agency egiziana.

Queste azioni poco dignitose e oltraggiose, come definite dalla madre della vittima, attuate dal governo Al Sisi, porteranno ad una, ormai certa, rottura tra le magistrature dei due paesi, che già hanno espresso la volontà di proseguire con le accuse ma muovendosi “specularmente” e in maniera quasi contrastante.

Inoltre, come già sta accadendo, una rottura assai più grande e profonda sta inclinando ancora di più i rapporti tra le due nazioni , una frattura sociale data dal forte sentimento di indignazione che tutto il popolo italiano prova nei confronti del regime totalitario Al Sisi che, con disonestà, infanga la giustizia e disonora la memoria dell’innocente Giulio Regeni da ormai troppo tempo perché possa ancora godere della nostra tolleranza, del nostro tempo e della nostra fiducia.