Di Francesco Stefanelli-  Tra monologhi improntati a sensibilizzare il pubblico sulla questione Covid, con battute che rasentavano il qualunquismo e la banalità, e innumerevoli ospiti in studio, la serata è stata percepita come una minestra riscaldata, ma dell’altro ieri. Il 71esimo festival della musica italiana in questa edizione non è partita col botto come la precedente, e le scusanti non vanno ricercate nelle norme di sicurezza sanitarie. Gli artisti in gara sono un miscuglio di nuovi talenti della scena “underground” e artisti di vecchia data che hanno già calcato il palco dell’Ariston in precedenza. La serata si è aperta con la categoria delle Nuove Proposte composta da quattro artisti, Avincola, Elena Faggi, Folcast e Gaudiano. Nulla di eclatante, le quattro proposte ricalcano la wave dell’indie/cantautorato in voga negli ultimi anni nel panorama musicale italiano, vedendo vincitori nei suoi rappresentanti Folcast e Gaudiano.

Tra un vestito sgargiante e un’acconciatura alla cyberpunk, arriva il turno di Arisa con Potevi fare di più, calcando la falsa riga della lotta alla violenza sulle donne con un testo scagliato contro quelle relazioni tossiche senza uscita.

Colapesce e Di Martino propongono Musica Leggerissima, un’ode alla musa della musica in chiave cantautorale tipica della tradizione italiana. Viene lasciato lo spazio ad Aiello con Ora, un’esibizione graffiante dai toni accesi sull’amore soffocante e la consapevolezza di aver sbagliato. Successivamente Francesca Michielin, in un duetto con Fedez, espone con Chiamami per nome un manifesto dell’amore universale, trasversale, di come esso possa far superare i momenti più bui della vita. Costumi rinascimentali e cartonati di icone pop danno spazio a Max Gazzè con Il Farmacista, un pezzo che di novità ha solo il nome. Un intro surreale preannuncia la scesa in campo del clone di Renato Zero, Achille Lauro, dove la proposta alternativa offerta dall’intro e dal costume stravagante va a sfumare con una canzone dalle tinteggiature commerciali. Loredana Bertè, la “regina” del rock italiano, circa, offre una performance ruggente per sensibilizzare il problema del femminicidio. Artisti come Noemi, Annalisa e Francesco Renga non apportano alcuna differenza con delle loro passate esibizioni in altre edizioni del festival, segno di un declino dei “grandi” della musica contemporanea italiana. La proposta della new entry Madame con Voce è audace e la giovanissima concorrente offre comunque una performance migliore di altri big. Stessa cosa Ghemon con Momento Perfetto, tanta sperimentazione, ma lui mette poca carne sul fuoco. I Maneskin insieme alla lady Bertè propongono l’alternativa rock del festival, sfociando in una performance di tutto rispetto. L’indie emerge ancor più prepotentemente con i Coma_Cose, offrendo un riflettore sulla wave sinonimo di futuro della musica italiana. La serata termina con Fasma e la sua Parlami, chitarre finalmente non più in background ma protagoniste che si intrecciano al cantato dell’artista, sottolineando l’importanza della comunicazione come mezzo di riappacificazione. La prima serata finisce  in un insapore brodo diluito fatto di performance trite e ritrite, tuttavia i momenti “pepati” non sono mancati. Mancano ancora l’apparizione dell’altra metà degli artisti in gara, sarà anche questa serata una minestra riscaldata?