Di Giulia Mezzanotte. È iniziato tutto con un <<Che bello, una settimana senza andare a scuola!”>>, per poi rivelarsi come una pandemia mondiale che avrebbe stravolto, per quasi due anni fino ad adesso, le nostre vite.

“Covid-19”: è sulla bocca di tutti; troppo rapido l’ingresso di questo “mostro virale” nella quotidianità dell’intera popolazione mondiale. I mutamenti dovuti all’emergenza si sono manifestati come un fulmine a ciel sereno sulla nostra ordinarietà, costringendo ogni categoria di cittadini ad una netta rivisitazione delle proprie abitudini.

In particolar modo, i giovani si sono dovuti imbattere in un repentino allontanamento dalla routine sociale che non dovrebbe mancare nella vita dei ragazzi, dato il suo essere cardine fondamentale dello sviluppo e dell’appagamento di questi ultimi.

Il primo tassello, violentemente portato via alla generazione z, è stata proprio la frequentazione dell’ambiente scolastico. I ragazzi, se pur nel modo più lesivo, hanno fatto presto ad accorgersi di quanto fosse stata importante, fino al momento in cui ne sono stati privati, questa parte della propria crescita.

Rendendosi conto di essere più vulnerabili di quanto si possa pensare, hanno vissuto una situazione della quale nessun altra generazione, a questa età, aveva mai avuto esperienza; questo ha dato loro modo di costruire dentro di se stessi consapevolezze su ciò che conta davvero ed una capacità di adattamento non trascurabile.

Se qualcuno tornasse indietro nel tempo, a gennaio del 2020, e parlasse con una Silvia sedicenne, un Edoardo di diciotto anni o con una Chiara che ha appena spento le candeline del nono compleanno, molto probabilmente si troverebbe davanti a delle facce incredule e sbigottite; tali visi apparterrebbero a persone che non si credono capaci di poter far fronte ad uno sconvolgimento del genere ma che, dopo appena un mese, si dimostrerebbero intraprendenti e forti, tanto da affrontare un grande isolamento ed un’enorme privazione dei bisogni primari per la propria emotività e stabilità d’animo.

Gli adulti del futuro sono stati i protagonisti di uno scenario che non sembra reale. Hanno, per mesi, visto il volto o sentito la voce degli amici e dei professori solo attraverso lo schermo di un pc o un tablet, hanno rinunciato ai propri hobbies e attività sportive, potendo intraprendere un minimo di attività fisica soltanto seguendo i movimenti di un tutorial su Youtube.

Tenendo duro, combattendo con instabilità emotive e continue interrogative sul perché questo stesse succedendo proprio a loro e proprio in quel momento,  hanno avuto fin troppo tempo per riflettere su quanto la solitudine e il deprecabile essere bloccati dentro quattro mura li abbia resi volubili, più forti, più vulnerabili, e anche su quanto, in un certo senso, li abbia fatti crescere.

Siamo tutti perfettamente coscienti che il violento insediarsi nei nostri giorni del Covid-19 abbia apportato profonde e drastiche alterazioni a ciò che eravamo abituati a vivere prima di quel maledetto decreto del premier Conte, del nove marzo 2020. Questo giorno rappresenta una data che avrebbe segnato qualcosa che i ragazzi, da sempre convinti di avere in mano il proprio destino, non avrebbero potuto controllare ma, allo stesso tempo, avrebbe fatto sì che la loro crescita e la loro visione della realtà cambiasse per sempre.