Di Daniele Annibali. Cos’è stata l’Italia dal dopoguerra al boom economico degli anni ’60? Ma soprattutto, come si è strutturata l’identità “moderna” della nostra nazione? Tutto questo è stato raccontato da Dino Risi in “Una vita difficile”, film del 1961 con Alberto Sordi e Lea Massari. Citando Alberto Crespi, quest’opera effettua un “percorso storico e culturale in cui l’Italia esce da una serie di durissime dicotomie – fascismo vs. antifascismo, partigiani vs. tedeschi, monarchia vs. repubblica e infine, nel ’48, democristiani vs. comunisti – per cercare una nuova identità “moderna” […]” (Alberto Crespi, Storia d’Italia in 15 film, Editori Laterza, Bari 2018).

“Una vita difficile” è un film che mette in parallelo due archi narrativi. Da una parte abbiamo una narrazione storica che copre decenni della storia italiana, tra cui il dopoguerra, il referendum costituzionale del 1946, l’attentato a Palmiro Togliatti nel 1948 e l’avvento del boom economico. Dall’altra abbiamo una narrazione psicologica di Silvio Magnozzi (Alberto Sordi), un uomo che tenta in ogni modo di mantenere le sue idee politiche in una società influenzata dal conformismo. È un personaggio che vive nell’ingiustizia ed è una chiara fonte di immedesimazione per lo spettatore. Andando “controcorrente”, Silvio ottiene una morale da “vittorioso”, ma nello stesso tempo accetta un destino da “sconfitto”.

Con “Una vita difficile”, Dino Risi rappresenta un film dai toni ironici e drammatici, mettendo in evidenza, con grande maestria, uno “specchio” della realtà di quegli anni.

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