Di Alice Eufemi. Scaviamo nel buio di uno sport “scintillante”. È strano pensare che dietro quelle ragazze che vediamo
grintose e serene in gara sia nascosto un mostro nato dal voler dare il massimo e l’essere spinte a farlo. A raccontarcelo è
Anna Basta, componente delle Farfalle Azzurre dal 2016 al 2020 (vincitrice di 5 medaglie mondiali), si è ritirata nel 2020 per diversi problemi personali tra cui un disturbo alimentare e adesso si impegna a sensibilizzare su questo argomento.
“Non ricordo il momento specifico in cui è iniziato il mio disturbo ma dal 2017 mi è stata fatta pressione
sulla mia fisicità e sul mio aspetto, da lì sono iniziati i problemi, mi venivano dette frasi come “sei un
prosciutto”, “ti guardi allo specchio? Ti piaci?!”, “ guarda che sedere che ti ritrovi”, “sei cicciona”. Ci ho
messo molto a parlarne, anche se dalle mie azioni era più che comprensibile, perché non volevo pesare
sugli altri ed ero convinta di farcela da sola, poi mi sono appoggiata moltissimo alla mia famiglia che mi ha
sostenuta tanto mentre nell’ambiente in cui vivevo mi aspettavo più comprensione, alla fine ho perso i
rapporti con praticamente tutte le persone che erano lì. Davanti al pubblico fingevo e questo mi faceva star
male, l’unica cosa che mi mi salvava era l’amore per la ginnastica e per le gare/esibizioni. Una volta
scomparsa anche quella ho capito che era la fine. Se potessi parlare con la Anna di quegli anni le direi di
andarsene prima, che non ne vale assolutamente la pena. Che quel dolore e quel terrore non sono parte di
me e devo lasciarli andare. Le direi di smetterla di odiarsi, perché non è colpa sua. Uscirne è stato difficile,
ho seguito un percorso dalla psicologa ma per molto tempo mi sforzavo di non alzare gli occhi dal piatto
finché non mangiavo tutto, se ero in compagnia mi vergognavo e continuavo a mangiare di nascosto, un
incubo…Ora sto bene, mangio quello che voglio consapevolmente e se ogni tanto ingrasso, anche se a
fatica, mi accetto e mi rimetto “in forma” seguendo le mie passioni come la danza e gli allenamenti in
compagnia. Lo sport ha influito in tutto infatti credo che se non avessi fatto ginnastica non sarei stata così e
se invece l’avessi praticata a livelli più bassi avrei sicuramente avuto un’esperienza simile, però penso che
ciò che ho passato si sarebbe potuto evitare: bastava trattare le persone da esseri umani, da adolescenti in
crescita che non conoscono ancora il proprio corpo. Mi auguro che le persone inizino a parlare e ad alzare
la testa perché l’unico modo per risolvere questa situazione è testimoniare e far aprire gli occhi. Bisogna
rivoluzionare l’ambiente e smascherare chi attua comportamenti inumani e inconcepibili perché il clima di
terrore finisca e chiunque sfrutti la sua posizione di allenatrice per mortificare e denigrare un’atleta venga
allontanato dallo sport. Dovete avere il coraggio di esprimere come ci si sente, di affrontare e riconoscere i
problemi per superarli e crescere. E vi prego, prestate attenzione a chiunque avete di fronte. Gentilezza ed
empatia non sono mai sbagliate.”
Un esempio di infanzia e adolescenza dedicati a una passione, distrutta da standard fisici ristretti ed
esagerati. Per quanto possa essere forte l’amore per la ginnastica deve vincere quello per se stessi.
Quando possibile scaviamo a fondo e non fermiamoci alle apparenze perché niente è mai come sembra.