Di Alfredo Arciero. Il primo maggio : una data senz’altro importante ma al tempo stesso diventa un’emblematica ricorrenza. La Festa dei Lavoratori, ben evidente poiché sottolineata in rosso sui nostri calendari, è una festa Nazionale e forse il senso dell’esistenza di tale giorno può solamente essere capito guardando all’indietro, alle lotte che sono state fatte da tutti i lavoratori che gridavano le proprie proteste. Al giorno d’oggi da festeggiare c’è ben poco, poiché ormai da anni la “disoccupazione” prende sempre più piede e la sua espansione avviene particolarmente alle radici della società, tra i giovani di oggi. È positivo il fatto che a scuola abbiano introdotto la famosa ora di educazione civica, è istruttivo che un adolescente conosca l’articolo 1 della nostra Costituzione che recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” Il tutto però diventa triste e paradossale quando quello studente, finito il percorso di formazione scolastica, si aspetta alla lettera ciò che nell’articolo primo viene detto ma che concretamente il Paese non gli può dare. La colpa di questo generale fallimento della dinamica lavorativa di certo non è dei giovani, i quali hanno tutto il diritto ad avere aspettative personali, dei progetti di vita e soprattutto dei sogni nel cassetto. La vera problematica è che molti ragazzi, laureati, specializzati, con master nel proprio bagaglio di vita in determinati ambiti lavorativi finiscono per svolgere tutt’altra attività rispetto a ciò che hanno studiato e che amano fare. Visto che non c’è una netta volontà di voler far qualcosa e visto il vizio all’italiana di nascondersi dietro ad etichette, si sta sviluppando il seguente pregiudizio: “i giovani non hanno voglia di lavorare, perché il lavoro ci sta”. Di certo annunci di lavoro non mancano ma bisogna anche cercare di capire che la retribuzione non può essere minimizzata, sottovalutata in relazione all’età e presa in considerazione come se fosse un capriccio del giovane lavoratore quello di non accontentarsi. Passi da gigante ci ha imposto il corso della storia ma forse non si è ancora designata la netta distinzione tra dignità e sfruttamento. C’ è anche un netto dislivello tra la “varietas” di Corsi di Laurea e la successiva strettoia del mondo del lavoro. Quest’ultimo sempre più pieno di arrivismo e di raccomandazioni, mentre esso dovrebbe essere la tutela della dignità, la conservazione di un vivere degno e la realizzazione di uno scopo e di una passione singolare. Evidenziate queste caratteristiche, dovremmo riflettere a questo punto sul significato di questa festa, un po’ platonica, un po’ circoscritta, per i più fortunati…in Italia funziona così.