Di Giorgia Perrotta. È nel surrealismo che affonda le radici questa mostra e forse non potrebbe farlo in altre correnti, dato il tema: la città ideale è la società contemporanea. Due elementi strettamente legati che si spiegano a vicenda, messi a nudo grazie alle opere di due pittori tanto diversi fra loro. Da una parte una Roma che non esiste, sospesa in una quiete irreale che è silenzio e riflessione insieme; dall’altra un faro su una società che grida il nulla, fatta di individui intrappolati da una confusione priva di scopo.

A mostrarci una città di pacifica utopia, possibile soltanto grazie all’assenza dell’uomo, è Antonio Finelli. L’artista contemporaneo, solitamente dedito ad immortalare i segni del tempo sulle persone in ritratti iperrealistici, qui decide di immortalare la città eterna in un modo inedito, silenzioso, vuoto e libero dal caos che la anima fin dalla sua fondazione.

Contrapposta ma non in conflitto, ė la pittura di Saverio Galano, il quale vuole trasportare l’osservatore in un mondo parallelo, abitato dal “silenzio delle cose”. In ogni sua opera gioca sapientemente con messaggi e simboli; attraverso una pittura fortemente scenica, mette in luce una società caotica, in cui l’unica via d’uscita si trova nel silenzio interiore.

Nella mostra al Medina, in Via Angelo Poliziano 32, camminiamo tra paesaggi sospesi che ricordano nella pennellata i quadri di Giotto e nella composizione quelli di un più moderno De Chirico, due stili resi unici da Finelli che permette al visitatore una passeggiata nella sua Roma.

E se in un primo momento è la città l’indiscussa protagonista, Galano riporta l’attenzione sui suoi abitanti, incapaci di comunicare pur essendo circondati di messaggi, che però si rivelano privi di senso o significato. Una pittura di grande impatto, quella di Galano, che punta il faro sui disagi della società contemporanea, nel cui frastuono non viene emesso un solo messaggio. In cui tutti sono protagonisti di una vita che non gli appartiene, incapaci di riappropriarsi della propria voce e accettare il silenzio che hanno dentro.

Una mostra di denuncia, dunque, ma anche di speranza, quella organizzata dal 6 al 12 dicembre. Un appuntamento che vuole far riflettere sull’importanza delle parole a dispetto del rumore privo di significato; sulla necessità di riflessione interiore e sui legami che sono alla base di ogni società.

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