Di Daiana Cestra. Migliore attore protagonista Joaquin Phoenix per Joker; miglior attrice protagonista Renee Zellweger, Judy e miglior film Parasite assieme al miglior regista Bong Joon Ho.

La 92ª edizione dei premi Oscar si è tenuta al Dolby Theatre di Los Angeles nella notte tra il 9 febbraio 2020 e il 10 febbraio 2020. Così come l’edizione precedente. A partire da questa edizione, il premio per il miglior film in lingua straniera viene rinominato Premio Oscar al miglior film internazionale e quello per il miglior trucco e acconciatura passa da tre candidati a cinque. Le candidature sono state annunciate il 13 gennaio 2020 dagli attori John Cho e Issa Rae al Samuel Goldwyn Theater di Beverly Hills. Il film con più candidature è stato Joker, con undici. Il film più premiato è stato Parasite, con quattro vittorie, tra cui quella per il miglior film, rendendolo il primo film in lingua non inglese a vincere il premio. 1917 ne ha vinti tre, Le Mans 66 e C’era una volta a…Hollywood ne hanno vinti 2. Anche quest’anno non ha avuto un presentatore, ma durante la serata si sono esibiti diversi artisti e sono saliti sul palco grandi attrici e grandi attori. Sono stati assegnati complessivamente ventiquattro premi Oscar. I candidati per il miglior film erano 1917, The Irishman, Piccole donne, Jojo Rabbit, Joker, Storia di un matrimonio, C’era una volta… a Hollywood, Parasite e Le Mans 66. La lunga notte degli Oscar era iniziata sul red carpet dei divi con uno Spike Lee in abito viola melanzana Los Angeles Lakers (lui che è dei Knicks di New York) omaggio esplicito allo scomparso Kobe Bryant. A stretto giro di posa per i fotografi una Margot Robbie in nero mozzafiato, Scarlett Johansson in bianco panna praticamente perfetta, e un terrificante Timothée Chalamet con outfit tra pigiama e palestra. In mancanza di un vero presentatore, formula che probabilmente proseguirà nei prossimi anni, l’apertura grintosa, sontuosa e raffinata in musica di Janelle Monae ci ha abituati troppo bene. Perché la serata degli Oscar è stata sostanzialmente succinta ma terribilmente noiosa: mai uno sbaffo, mai una mezza parola oltre i limiti consentiti, mai una sorpresa. L’unico sussulto imprevisto e molto comunista arriva quando viene premiato American Factory come miglior documentario. Julia Rieichert, co-regista assieme Steven Bognar, si prende lo spazio di una battuta sul mondo del lavoro: “Per i lavoratori la vita è sempre più dura e potrà migliorare solo quando lavoratori di tutto il mondo si uniranno”. Ancora la Disney/Pixar a raccogliere l’ennesimo Oscar per l’animazione con Toy Story 4. Poi corrono tutti in scena per far chiudere presto la serata: Elton John, che tra l’altro vince il suo secondo Oscar per il brano I’m Gonna Love Me Again, tratto dal film suo biopic Rocketman, esegue un live inascoltabile; Billie Eilish che invece canta una Yesterday da brividi mentre scorrono le immagini “in memoriam” rivediamo i nostri Piero Tosi e Franco Zeffirrelli, ma anche il grande Kirk Douglas, Peter Fonda, Terry Jones e Bibi Andersson; infine Eminem che rilascia una scarica di adrenalina che subito si esaurisce dopo la standing ovation. Alla fine gli Oscar 2020, invece del solito florilegio post #metoo, donna-afro-LGBTQ, (a proposito niente afroamericani vincitori) parlano improvvisamente coreano. La sala applaude convinta. Un finale più inatteso di così forse nemmeno il bustone scambiato da Warren Beatty e Faye Dunaway.

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