Di Sara Scarozza. E’ passato un anno oramai che l’Italia sta facendo fronte a un mostro più grande di ogni singola persona o cosa, un virus che sta mettendo giorno dopo giorno in ginocchio tutto il territorio nazionale, il mondo sta combattendo contro un nemico invisibile, che ci sta togliendo e fermando tutto, che ci sta portando via delle vite umane. 103 mila sono le persone che hanno perso la vita, tra genitori, nonni, parenti e amici, di qualsiasi età, portati via dal Covid che non ha guardato in faccia nessuno, non ha fatto sconti per persone anziane o giovani, è entrato nei loro corpi e gli ha annientati, gli ha tolto il respiro e gli ha fermato il cuore, gli ha accompagnati alla morte nei peggiori dei modi, senza una persona cara che gli stringesse la mano e gli dicesse una parola di conforto. Persone che sono morte chiudendo gli occhi senza poter vedere per l’ultima volta il volto del loro figlio, nipote, moglie o persona che gli stava al cuore, ma hanno dato il loro ultimo respiro di fronte a un infermiere, una persona protetta da mascherine e quant altro in modo tale che l’unica cosa visibile fossero gli occhi, che ha combattuto per riuscire a tenerlo in vita, ma che alla fine è solo un estraneo. Parenti che gli è stato negato anche l’atto più umano e “comune”, versare delle lacrime e ricordare delle memorie di una vita passata durate un funerale, sono stati privati di questa celebrazione, hanno solo ricevuto una chiamata dell’avvenuto decesso e per il resto hanno potuto esclusivamente piangere in silenzio nelle proprie abitazioni, davanti ad una fotografia vecchia che ritraeva il proprio caro magari con il sorriso. Se si chiede in giro una delle immagini  più significative che questo periodo gli ha stampato a fuoco nella mente, tutti nessuno escluso non citerà il corteo composto da 70 mezzi militari, che hanno sfilato a Bergamo in una marcia nera, silenziosa e straziante, per portare fuori città le bare dei defunti, che non hanno trovato un posto nella loro città in seguito ai numeri troppo elevate. Le lacrime sono scese senza controllo di fronte a quelle immagini, il senso di lacerazione che ogni persona ha provato vedendo quella scena, il silenzio perché nessuna parola era in grado di poter descrivere quella sensazione, quel senso di annientamento che il virus ha fatto provare su ogni singolo individuo. Oggi 18 marzo è la giornata nazionale in ricordo delle vittime che la pandemia ci ha portato via silenziosamente e senza mai fermarsi, oggi tutte e 103 mila persone sul suolo italiano e 2.68 milioni su raggio mondiale, vanno ricordate, non una di meno, vanno ricordate per aver combattuto contro un nemico troppo forte per loro, hanno provato a mandarlo via dal loro corpo ma non ci sono riusciti. Non vanno ricordati i pub o le discoteche chiuse, le palestre bloccate, o le autocertificazioni per potersi spostare dalla propria abitazione, va ricordata la sensazione di non poter vedere i propri nonni, non vedere i propri genitori, va ricordata la sensazione che l’immagine di quei carri armati ci ha provocato, va ricordato il vuoto che questa pandemia ci sta lasciando dentro ad ognuno, che sta lasciando a tutto il mondo. Tutti dicono “lontani oggi per abbracciarci domani”, ma in quel domani molte persone non potranno abbracciare il proprio caro che gli è stato portato via, si tornerà ad abbracciare tutti ma alla lista mancherà per sempre il nome di quella persona che non ci sta più, quando l’unica cosa che potranno fare sarà ricordare la sensazione oramai lontana di stare con lui tra le sue braccia, ma che potrà solo rimanere un ricordo ben impresso.