Di Luna Luciano. “Così muoiono i maiali” sentenzia una voce fuori campo nel video che ritrae il corpo straziato di Hevrin Khalaf, attivista curda per i diritti delle donne, uccisa il 13 ottobre in Siria dalle milizie filo-turche. La morte di Khalaf testimonia la brutalità e violenza contro le donne, una vera guerra fatta non solo di armi, ma perpetrata in ogni sua forma: dalla mancata istruzione, agli stupri e violenze fisiche taciute ogni giorno.

I dati raccolti da indagini compiute in 87 paesi rivelano che circa il 35% delle donne abbia subito violenza, sessuale e non, almeno una volta nella vita. La percentuale varia in ogni paese, che ha come sfondo scenari politico-sociali completamente diversi. Dove sorgono i conflitti armati e risiede la povertà le violenze aumentano. Quest’anno la commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria ha qualificato crimini contro l’umanità gli stupri perpetrati tra il 2011 e dicembre 2017 dai combattenti delle due fazioni, le milizie dello Stato Islamico (ISIS) e i mercenari fedeli al regime di al-Assad. In base all’ultimo censimento disponibile, nel 2015,  il 49,4% dell’intera popolazione femminile risultava fosse stata vittima di violenza. In Nicaragua, Ecuador e Guatemala il tasso di gravidanza è in aumento tra le bambine fino ai 14 anni. Nella maggior parte dei casi si tratta di vittime di stupri compiuti dai familiari. A causa della crisi in Venezuela, 1580 bambini sono costretti a frequentare la scuola in Colombia attraversando un lungo ponte. Molte sono le testimonianze di donne e bambine aggredite da uomini, che vogliono convincerle a vendere i loro capelli. Le organizzazioni umanitarie sospettano che sia l’anticamera della prostituzione. In Europa i dati registrati sono inferiori rispetto le altre aree geografiche, in Italia si è registrato un calo degli omicidi volontari, ma che per le donne è solo del 3%, mentre l’89% dei casi di maltrattamenti e violenze riguardano la donna. Nonostante i progressi delle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, la strada è in salita e deve passare attraverso la risoluzione di fattori che possono avallare questo malato sistema: povertà, conflitti armati, e atteggiamento sociale, altrimenti a farne le spese saranno ancora una volta le donne.

 

 

 

 

 

 

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