Di Beatrice Tota. Lenta ma inesorabile la giustizia italiana accoglie il ricorso della procura:l’intera famiglia Ciontoli è responsabile di omicidio volontario per la morte di Marco Vannini.
Così la Cassazione dispone un nuovo processo d’appello per la famiglia coinvolta nella vicenda.
Le motivazioni sono le tante lacune ancora presenti nella ricostruzione dell’omicidio.
Certo è che Marco Vannini non è morto per il colpo di pistola ma per i 110 minuti di ritardo nell’allertare i soccorsi. Tutti per ben 110 minuti mantennero una condotta omissiva, menzognera e reticente.
Tutto questo accade durante la sera del 17 maggio 2015.
Marco Vannini è a cena dalla fidanzata Martina Ciontoli, quando un colpo di pistola gli trapassa cuore e polmone.
A sparare con una delle sue pistole d’ordinanza è Antonio Ciontoli, capofamiglia e militare nei servizi segreti.
Gli atti processuali riportano la versione finale, secondo la quale puntando per gioco la pistola contro Marco, che nel frattempo era nella vasca da bagno, Antonio Ciontoli fa partire per sbaglio un colpo.
Tutta la famiglia Ciontoli è presente in casa quella sera, ma nessuno si rende conto dello sparo.
Né la moglie Maria Pezzillo, né i due figli Martina e Federico né la rispettiva compagna di quest’ultimo, Viola Giorgini.
Nessuno si chiede cosa fosse quel rumore così forte da spaventare i vicini di casa, o si allarma per le grida supplicanti di Marco che nel frattempo aveva un’emorragia interna.
Martina Ciontoli, che non può non aver sentito lo sparo, si lascia convincere dal padre: Marco è pallido perché ha preso un colpo d’aria. La stessa Martina Ciontoli che però durante un’ intercettazione riferisce di aver visto il padre puntare la pistola contro Marco.
Federico Ciontoli, che non può non essersi reso conto della situazione vedendo la pistola a terra, decide di chiamare i soccorsi riferendo che Marco si è sentito male a seguito di uno scherzo.
Maria Pezzillo che pure sente le urla strazianti di Marco decide di annullare la chiamata del 118.
Antonio Ciontoli, che non può non essersi reso conto che la pistola fosse carica, richiama i soccorsi inventando un eventuale incidente con un pettine troppo appuntito.
L’ambulanza arriva con codice verde quando ormai non c’è più niente da fare per Marco Vannini.
Storia assurda, ma non per la corte d’Assise di Appello di Roma che condanna alla pena di 5 e 3 anni Antonio Ciontoli e i suoi famigliari, esclusa Viola Giorgini seppur presente in tutti i momenti che sanciscono la responsabilità degli altri.
Sentenza che fa indignare: la vita di un ragazzo di 20 anni non può valere così poco.
La famiglia Ciontoli è apparsa alla corte completamente incosciente di quello che sarebbe potuto succedere al povero Marco.
Paradossalmente è proprio il non aver chiamato i soccorsi in tempo, che conferma l’inconsapevolezza della famiglia per quello che stava accadendo.
Arrivato al Pit di Cerveteri, Antonio Ciontoli fu però abbastanza lucido da ammettere lo sparo chiedendo gentilmente di non farlo figurare all’interno del verbale.
Troppi i misteri che ruotano attorno a questa vicenda.
Ultimo atto: la cassazione