Di Melania Barone. Siamo donne e vogliamo un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva. Siamo donne e pretendiamo le stesse possibilità di accesso a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale. Siamo donne e sappiamo quello che vogliamo.

La battaglia, però, non è ancora vinta. Studiare, crescere, e imparare è un regalo che si fa a sé stesse. C’è bisogno anche di coraggio, ostinazione, perseveranza da parte di noi tutte/i, perché a quanto pare le leggi esistono ma non funzionano come dovrebbero. In Italia, ad esempio, alle donne è sì permesso studiare, ma dopo? Nel Bel Paese le donne, secondo i dati dell’Istat, rappresentano stabilmente il 55,5% degli iscritti ai corsi di laurea; il 57,6% del totale dei laureati; il 50% degli iscritti ai corsi di dottorato ed il 51,8% del totale dei dottori di ricerca. Ma, il tasso occupazionale risulta essere il 50% per le donne e il 67,6% per gli uomini. Inoltre, generalmente, gli uomini occupano posizioni più rilevanti rispetto alle donne, anche a parità di titoli ed esperienza. Un altro punto su cui soffermarsi è il “Gender Pay Gap”. E cioè, sulle importanti differenze, in termini retributivi, tra uomo e donna quando le prestazioni richieste sono di pari valore. Le donne, infatti, guadagnano in media il 15 % in meno degli uomini. Ricapitolando: o siamo costrette a rinunciare agli studi e/o al lavoro; o studiamo ma poi ci aspetta una posizione inferiore alle nostre competenze e conoscenze; oppure se riusciamo a svolgere il ruolo adatto a noi e magari anche di una certa importanza, comunque la nostra busta paga non sarà mai uguale a quella di un nostro collega.

Malala Yousafzai lo sapeva già ad undici anni. Costretta a crescere in fretta, si ritrova ad affrontare una dura realtà: il regime dei talebani pakistani. Le cose cambiano, soprattutto per le donne. Il suo diritto allo studio viene messo in discussione ma lei non ci sta. Così, decide di denunciare e mettere nero su bianco la situazione. I talebani si infuriano e decretano la sua condanna a morte: un giorno mentre Malala torna a casa qualcuno le spara più colpi alla testa. Ma questo non impedisce alla piccola combattente di continuare la sua battaglia. L’attivista pakistana, infatti, si riprende e viene premiato il suo impegno con il Nobel per la pace. Oggi, Malala è il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere, ed è diventata il messaggero di pace delle Nazioni Unite con l’incarico di promuovere l’educazione femminile.

Noi siamo donne e vogliamo la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica.